Cosa è cambiato in più di vent’anni?

Diario “oggettivo” delle attività svolte
Visita alla casetta-studio, ufficio di Blandine Sankara.
Visita sito di Loumbila 2: pozzo e pompa solare con serbatoio di 10’000 litri. Il “débit” è molto buono, l’acqua è presente in buona quantità, il tutto funziona bene con grande soddisfazione di Yelemani. Del terreno e delle colture agricole, si occcupa una coppia di giovani sposi che vive in un piccolo stabile situato sul sito stesso. Hanno svolto in poco tempo un notevole lavoro: colture di cipolle in particolare, che verranno stoccate e conservate con un sistema non troppo oneroso di conservazione (deposito a strati, in un locale dove circola l’aria, e dove sono sistemate le cipolle che vanno regolarmente controllate e mosse).
Visita alla scuola elementare dove Yelemani (Blandine) svolge attività di sensibilizzazione sul tema della sovranità alimentare e dove gli allievi coltivano e gestiscono l’orto scolastico (cipolle).
Progetto finanziato da una ONG canadese.
Pranzo a Loubila 1 nelllo spazio ristorante di Yelemani. Pranzo “burkinabé”: too alla salsa di arachidi, lenticchie, foglie di haricots, avocado e vinaigrette, papaia di dessert.
Pomeriggio: spostamento da Ouagdougou a Ouahigouya… e “entrata negli appartamenti”…
 
Note “soggettive” dal Burkina
Ritornare in Burkina
Torno in Burkina per la ventesima volta, la prima era il Capodanno a ¨cavallo” fra il ’95 e il ’96.
Faccio il viaggio dalla capitale Ouagadougou al nord, a Ouahigouya, la quarta città del Paese, in auto o in bus, per la 24 esima volta. Mi interrogo: cosa è cambiato in più di vent’anni?
Incontro ancora, come allora, stupendi e possenti baobab, guardiani del tempo.
Ai fianchi della strada scorrono, alla velocità dei quasi cento all’ora della Toyota 4×4, file di eucaliptus, tronchi sottili fronde snelle al vento, alberi promossi infelicemente, negli anni, dai progetti della Banca Mondiale. Non creano humus e sottobosco, si sono rivelati poco adatti al contesto.
Incontriamo, a momenti, i maestosi “Caïcédras”, piantati al tempo della colonizzazione, ai lati della prima strada “carrozzabile”, da paesani burkinabé, quasi schiavi, al “servizio” dei francesi, come il padre di Mariam, la presidente dell’ONG nostra partner da anni. Le mogli dei paesani burkinabé che costruivano, a colpi di piccone, la prima ampia strada di laterite che collegava il nord del paese con la capitale, accompagnavano i mariti, cucinando loro i pasti e dormendo, come loro, alla “belle étoile”. Scorrono pure, come allora, a fianco della carreggiata, gli alberi di karité, i “nimes”, i molti arbusti spinosi della savana.
Ma ci sono nuovi alberi, che non c’erano vent’anni fa: sono quelli della lunga fila di pali elettrici che portano le linee fino al nord e le antenne della telefonia mobile, gli “alberi” più alti di tutti, che sorpassano e scrutano, dall’alto, con i loro dischi di ricezione, occhi elettrici, anche gli alti, storici “caïcédras” e i baobab, superati dal tempo dell’immediatezza imposto dai telefoni portatili.
Non mancano, ai bordi del catrame, file di sacchetti di plastica: celesti, neri, grigi, resti e segni frequenti oggi, forse più che vent’anni fa, della disattenzione quotidiana nei confronti del suolo e della terra.
Purtroppo, come vent’anni fa e forse più, incontro, quando lasciamo o approcciamo le varie città lungo il nostro percorso (periferia di Ouaga, Kaye, Yako, Gourcy, ecc…) le solite discariche a cielo aperto, compagni puntuali di viaggio che, ogni anno, spero di non più incontrare, paradisi degli avvoltoi che qui chiamano “charognards”. Per fortuna, è il tramonto e il sole radente illumina il paesaggio di uno stupendo color rosa-arancione. Anche i sacchetti di plastica e le discariche, come gli alberi, i piloni e le antenne, sono inondati, assorbiti dalla luce e trasformati in magici compagni di viaggio.

Franco Losa, mercoledì 16 gennaio 2019